lunedì 12 ottobre 2020

PEDAGOGIA


JOHANN HEINRICH PESTALOZZI

Johann Heinrich Pestalozzi (1746-1827) formula il suo pensiero educativo e delinea un suo metodo didattico prendendo spunto dall'opera di Rousseau, arricchendola e personalizzandola con la sua forte rivalutazione dell'importanza del modello familiare e femminile nell'educazione, a garanzia di una educazione del giovane che sia autenticamente naturale, la distinzione di diversi piani del processo educativo, la passione vista come spinta verso una nazionalizzazione dell'educazione di base che vada a costituire un mezzo per il riscatto sociale dei poveri.

Per Pestalozzi il fine dell'educazione deve coincidere con il raggiungimento da parte dello studente dell'autonomia morale. 

Dal punto di vista didattico il pensiero dell'autore si muove lungo un percorso che parte dall'intuizione e dal rapporto diretto con la realtà, criticando i metodi didattici diffusi all'epoca, in quanto visti come troppo verbali e non collegati all'esperienza degli alunni. 

Al contrario di Rousseau, egli non riteneva che l'uomo fosse necessariamente buono, parla infatti di natura inferiore dominata da istinti e passioni animalesche, riteneva quindi necessario che fosse compito dell'educazione perfezionare la natura dell'uomo e che l'educatore non avesse che il compito di assisterlo durante la sua naturale evoluzione secondo un'unità di cuore, mente e mano.

Sosteneva che l'uomo attraversasse tre stadi evolutivi:

-Naturale nel quale segue le proprie forze istintuali;

-Sociale in cui la vita in comune lo obbliga a una sorta di riadattamento, non sempre positivo per l'individuale;

-Morale ovvero il fine ultimo dell'uomo e dell’educazione in cui l'individuo si predispone al bene, alla solidarietà verso gli altri e all'accoglienza di Dio nel proprio spirito.


LEONARDO E GELTRUDE

Leonardo e Geltrude è un'opera letteraria di Johann Heinrich Pestalozzi. È uno dei grandi romanzi pedagogici del romanticismo europeo composto da quattro volumi, pubblicati tra il 1781 e il 1787. L'autore si dedicò all'opera durante tutta la sua vita, pubblicandone altre due edizioni, come reazione a diversi mutamenti socio-politici. Il romanzo è stato spesso accostato ad un altro grande romanzo pedagogico del romanticismo europeo di Ghoethe, e a I promessi sposi, per il forte impegno civile ed educativo e la scelta degli umili come protagonisti. Il primo e il secondo libro sono dedicati al popolo. Dimostrano che, attraverso il recupero civile e morale, l'impegno pedagogico e l'insegnamento dei buoni valori l'uomo può allontanarsi dalla cattiveria e ritornare alla sua bontà originaria. Gertrude è l'emblema del riscatto morale, oltre che civile; ed è inoltre, il simbolo della dimensione familiare e materna. Il terzo e il quarto libro sono invece rivolti alle classi colte. Arner ed Ernst rispecchiano l'impegno educativo dell'aristocrazia e della Chiesa, gruppi sociali a cui Pestalozzi attribuisce l'impegno concreto di iniziative destinate al rinnovamento morale della società. Allo stesso modo il principe incarna l'ideale pestalozziano di uno Stato educatore.

domenica 11 ottobre 2020

SOCIOLOGIA

LA SOCIETA' DI MASSA: COMUNITÀ E SOCIETÀ
Le società, ovunque essa si trovi, presenta sempre i processi di istituzionalizzazione, socializzazione, disuguaglianza e devianza. La società moderna è molto diversa rispetto a quelle precedenti; la causa di questa differenziazione è principalmente legata alle riforme portate dal colonialismo e dalla globalizzazione (nasce in questo periodo la sociologia, come scienza finalizzata alla comprensione delle trasformazione, Comte). 
Prima della Rivoluzione industriale, prevaleva una società basata sulla comunità: rapporti molto intimi e di impiego reciproco (Durkheim, solidarietà meccanica), a partire dal 17esimo secolo, con il razionalismo e l'illuminismo, viene posto al centro dell’attenzione il singolo e diventano secondari i rapporti con gli altri. Nascono così le organizzazioni fatte per soddisfare le necessità del singolo: scuole, ospedali, ecc...

LA SOCIETA' MODERNA
La vita individuale è sempre amministratata dalla collettività che coincide sempre di più con lo Stato, ovvero con le norme, le leggi e i modelli di comportamento. In quel modo aumenta il benessere individuale, poiché non si è vincolati dalle tradizioni.
Dunque, la nostra società è caratterizzata dalla razionalizzazione e l'individualizzazione della vita. La razionalizzazione organizza le attività collettive, per conseguire obbiettivi difficili; l'individualizzazione aumenta le capacità di autodeterminanizzazione dei singoli: aumenta la libertà rispetto alla comunità e vi è l'omologazione delle persone in base agli standard di massa. 
 
LA RAZIONLIZZAZIONE 
La razionalizzazione del lavoro avvenne verso la fine del 1800, grazie al contributo di Taylor, un ingegnere ed imprenditore statunitense. Egli elaborò una concezione scientifica del lavoro che riconobbe la necesità di un'istruzione al lavoro e una distinzione tra le figure direttive e quelle esecutive.
Questi principi vanno a costituire una società burocratica, seguendo una logica pere scopo e scegliendo i mezzi minuziosamente. Così lo Stato si munisce di funzionari competenti a questi scopi e di gerarchie di comando.
Dunque, il processo di razionalizzazione, si caratterizza in primo luogo da una formazione di linguaggi capibili da tutti. Infatti, i linguaggi della razionalizzazione sono universali. In secondo luogo vi è la pretesa di migliorare l'efficacia e l'efficienza delle azioni, attraverso l'adozione di tecniche senza nuove.
Inoltre, il razionalismo rende le azioni imperiali: è l'essere umano a doversi adattare alle azioni che vengono compiute, non viceversa.
 
L'INDIVIDUALIZZAZIONE
Quando gli individui, in una società, si trovano libri di scegliere indipendentemente dai punti di riferimento comunitari, si ha il processo di individualizzazione. In questo senso, l'individualizzazione può essere intesa come autodeterminanizzazione, ma anche come autonomia morale.
Però, più un individuo tenta di affermare se stesso, più diviene responsabile di ciò che fa: può attribuire solo a se stesso gli esiti delle sue azioni, tramite la ragione.
 
L'INDIVIDUALISMO
Molto spesso però l'individualizzazione comporta dei risvolti crititci. Infatti autodeterminarsi significa anche solitudine e mancanza di riferimenti: subire le conseguenze delle proprie azioni è più impiegativo di seguire una cultura nelle sue regole.
L'ansia legata al bisogno di individualizzarsi, comporta un altro fenomeno: l'individualismo, ovvero il continuo bisogno di esteriorizzare il proprio io in modo che siano gli altri a determinarsi. 
 
L'OMOLOGAZIONE
Paradossalmente, le libertà che ci è stata data di individuarci, finisce per renderci tutti uguali. Infatti, la standardizzazione è l'unico mezzo attraverso cui le istituzioni sono in grado di governare la complessità delle persone; dunque gli interessi del singolo possono essere soddisfatti unicamente guardando alla massa. 
Si va a costituire così la società di massa, ovvero una società in cui le masse raggiungono la ribalta sociale, diritti. Concretamente, la società di massa prende corpo quando si estendono a tutti gli strati sociali, privilegi e diritti fondamentali, quali la disponibilità economica, l'istruzione, la partecipazione politica, ecc...
Quando questo accade, le facoltà di decidere sfuggono al singolo privilegiato e vengono veicolate da una massa. DI riflesso, però anche le scelte prese si ripercuotono sulla collettività.
Lestensione a tutti dei privilegi produce la massificazione, ovvero l'eliminazione di ogni differenza, anche comportamentale. 


PEDAGOGIA

LA NASCITA DELLA SCUOLA LICEALE 
Dopo l'impero napoleonico sembrò chiudere tutti i processi rivoluzionari dell'educazione,per favorire  un'organizzazione scolastica laica. 
Profondi cambiamenti interessarono l'istruzione secondaria: furono fondati i licei, che costituivano il pieno compimento dei collegi. Secondo Napoleone, il liceo doveva rappresentare la fucina della classe dominante dell'impero. 
Nel corso liceale venivano proposte le scienze esatte, la storia e la geografia, le lingue classiche e le materie umanistiche. Rimanevano però sostanzialmente simili i metodi di insegnamento, e i contenuti risultavano poco approfonditi: In questo senso soppravvisse il modello Cinquecentesco. 
Gli studenti erano inoltre sottoposti ad un controllo molto rigido, esercitato dai collegi, poiché erano dei futuri universitari e nelle loro mani vi era il futuro della nazione. 

IL CONTROLLO DEL SISTEMA SCOLASTICO
Il  17 marzo 1808 fu fondata una legge che introduceva le università imperiali. Le Accademie dovevano vigilare sui gradi inferiori di istruzioni, ed erano distribuite sul territorio in modo omogeneo.
Negli anni successivi, Napoleone tentò di rendere ancora più centralizzata e gerarchica l'amministrazione scolastica: egli voleva controllare i contenuti scolastici e limitare la diffusione delle scuole private. Questo progetto però fallì.

LA RIFORMA IN ITALIA
La legge del 1802 fu applicata anche in Italia, attraverso la creazione della Direzione generale della pubblica istruzione (antenato del ministro dellapubblica istruzione). L'azione si rivolse ad incrementare l'istruzione elementare. L'obbiettivo era quello di dotare ogni comune di una scuola, a carico delle finanze municipali.

SOCIOLOGIA

I MASS MEDIA

Dall'inizio del Novecento iniziò a svilupparsi una nuova tipologia di agenzia sociale: i mass media (mass, ammasso di persone; media, comunicazione). Essi costituiscono un mezzo fluido e veloce, nonchè molto efficace alla diffusione di valori ed opinioni su largissima scala sociale; valori che sono sempre, tutti uguali. Questa porta all'omologazione culturale, sinonimp di qualunquismo: l'opinione comune è uguale, ed anche una diversificazione di ideali è unicamente svolta in massa.

I mass media, nella loro diffusione, fecero leva sulle dittature del 1900, e sui sistemi capitalisti. Possiamo ricordare a proposito le riflessioni di pensatori quali MarxWeberDurkheimMillgramm e Zimbardo. E' bene specificare che lo stesso periodo è noto per il grandissimo sviluppo della tecnologia, grazie alla seconda rivoluzione industriale: in questo contesto fu importatne l'invenzione della fotografia e delle cineprese. Queste venivano usate per la propaganda al consumismo (oltre che politica): l'attenzione non è più concentrata sul messaggio che viene trasmesso, ma sul mezzo con cui la trasmissione avviene; il pensiero è rivolto unicamente al consumare. Veniva fatta leva sull'emotività delle persone, cercando di attirare la loro attenzione ma la contempo impedendone la riflessione. 

PEDAGOGIA

RIVOLUZIONE FRANCESE ED ISTRUZIONE 

Lo scoppio della Rivoluzione Francese nel 1789 portò a grandisse conseguenze sul piano sociale, poichè con essa finì l'antico regime.

In questo periodo(1792-1794) venne animata una grandissima discussione riguardo le possibili riforme scolastiche. Ad alimentare questo dibattito furono gli ideologues e i philosophes, gli intellettuali (come Condorcet, Sicard e Cabanis).

Al tempo del governo di Robespierre e dei giacobini, furono sanciti i diritti inalienabili dell'infanzia; al contempo prese corpo l'idea di un'educazione popolare anche in Francia, seguendo l'esempio dei  governi illuminati russi, precursori di questa proposta.

Con la rivoluzione francese venne indotta una nuova visione dello Stato e del cittadino: l'uomo diventa portatore di diritto, non solo di dovere come di pensava in precedenza. Il primo diritto era quello dell'istruzione, che poteva garantire il progredimento sociale. Fu secondo questo principio che la Convocazione Nazionale proclamò l'obbligatorietà dell'istruzione, per tutti. Vennero create scuole in tutti i comuni e vennero ampliate le possibilità di scelta degli indirizzi scolastici superiori (ora vi erano scuole professionali, scientifiche ed umanistiche).
 

In questo contesto il bambino assunse un nuovo significato: egli diventa il simbolo della purezza, dell'innocenza, della Rivoluzione stessa: è metafora dell'uomo nuovo, della speranza per il futuro. Per quato doveva essere impartita un'educazione atta a forgiare gli individui del futuro.

PSICOLOGIA


LA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI LE BON

Eventi come lo sviluppo della società industriale, i conflitti di classe e le proteste popolari, fecero saltare all'occhio alcune stranezze, da parte degli psicologi del tempo: le persone tendevano a comportarsi in modo differente all'interno del gruppo, rispetto a quando si trovavano soli.

Ricordiamo, ad esempio Le Bon, che si occupò appunto di risolvere gli interrogativi legati a questo fenomeno, nel suo saggio del 1895 La psicologia delle folle . Per Le Bon, quando un individuo è circondato dalla folla, mette in atto dei comportamenti meno razionali rispetto a quando è solo: nella folla emerge lo spirito istinitvo dell'individuo, l'anima della razza umana. In questo contesto, acquisisce una forza invinciblile che gli permette di cedere a quegli impulsi che, da solo, avrebbe tenuto sotto controllo: l'emotività viene esaltata al massimo. E' una sorta di contagio mentale, che si basa sulla suggestione.

E' necessario quindi un capo che possa condurre la folla per ordinaew queste tendenze istintive.
 
FREUD E L'ANNULLAMENTO DEL SINGOLO NELLE FOLLA
Nel 1921, Sigumud Freud, scrisse un libro sul tema, di nome Psicologia delle masse e analisi dell'io
che tratta i motivi che inducono gli individui a comportarsi in modo diverso quando si trovano nella folla.
Egli sostiene che per capire il comportamento di una folla sia necessario analizzare il  singolo, e dunque i meccanismi inconsci che stanno alla base del comportamento individuale all'interno di una folla più ampia. In questo contesto, la personalità del singolo si annulla, lasciando spazio alla personalità della massa, che diventa omogenea per i comportamenti.
L'uomo si sente potente, poiché la massa garantisce l'anonimato e l'annullamento del senso di responsabilità: l'individuo singolo non esiste più, poiché diventa massa anonima.
Nella massa, gli individui si identificano con gli altri individui, rinunciando alla propria autonomia e proiettano le qualità ideali sul capo, che rappresenta tali caratteristiche.
Il comportamento umano nella folla ha dunque la sua origine in elementi inconsci e libidici, ovvero che sfuggono alla consapevolezza.
 
LA BANALITA' DEL MALE NELLA TEORIA DI MILGRAM
Stanley Milgram, psicologo statunitense, durante gli anni sessanta del secolo scorso, si occupò di condurre delle ricerche riguardo l'obbedienza alle autorità.
È importante contestualizzare però i suoi studi: si era appena svolto, a Gerusalemme, il processo a Adolf Eichmann, accusato di crimini contro il popolo ebraico, contro l'umanità e di nazismo. La filosofa Hanna Arendt segue il dibattito, e in base alle sue osservazioni scrive il saggio la banalità del male: il male, incarnato dall'imputato, è banale, in quanto la sua malvagità non è trascendentale: è banale, e le sue azioni potrebbero essere compiute da chiunque.
Quello che Miligram tentò di spiegare, in questo senso, è come ogni persona, anche abituata alla vita pacifica, possa arrivare a compiere azioni spregevoli se influenzato dalla società. Nel caso specifico del nazismo, l'obbedienza alle autorità sarebbe alla base dei comportamenti dei nazisti stessi (e alla base di tutti i comportamenti disumani).
Lo studio è stato realizzato da parte dell'università di Yale, su più di mille soggetti. Attraverso un annuncio su un giornale, Miligram reclutò dei volontari chiamamti a pratecipare all'esperimento, preannunciato come studio sugli effetti delle punizioni nell'insegnamento. I volontari vennero mescoltati, a loro insaputa, e divisi in allievi ed insegnanti: gli allievi dovettero imparare a memoria dei vocaboli, e al momento dell'errore, gli insengati dovettero punirli con una scossa elettrica che via via diventava più forte, come ordinato da Miligram (l'autorità).
Fino a che punto i soggetti sarebbero andati avanti con l'esperimento e quanti di loro si sarebbero ribellati alle imposizioni delle autorità? Nella maggior parte dei casi, l'esperimento fu portato a termine nonostante si manifestassero dubbi: di fatto l'insegnante sapeva di star ferendo l'alunno, ma continuava comunque, sotto controllo delle autorità.

Il fatto che sconvolse lo psicologo fu che, nonostante l'individuo sapesse di star facendo del male, non solo non volesse opporsi alle autorità, ma non ne aveva nemmeno i mezzi: si innesca una gamma ampissima di fenomeni che vanno a determinare la sottomissione dell'individuo.
Miligram individuò alcuni fattori:
  • la buona educazione;
  • l'impegno a mantenere la promessa fatta allo sperimentatore;
  • la vergogna di tirarsi indietro.
I meccanismi che vengono messi in atto sono dunque di adattamento, delegando ad altri la responsabilità delle loro azioni: è colpa delle autorità, non del soggetto (questo è il meccanismo psicologico che si innesca). Dunque a coloro che compiono le azioni vengono attribuite qualità impersonali, indipendenti dalle azioni umane: i soggetti agiscono obbedendo ad una sorte di imperativo trascendentale alla volontà umana. L'individuo si sente, dunque, molto vicino all'autorità e molto lontano dalla vittima.


sabato 3 ottobre 2020

SOCIOLOGIA

 PAG.290

1.Georg Simmel ha utilizzato il concetto di cerchia sociale per rappresentare graficamente l’individualizzazione.

2.Ogni cerchia sociale è interamente compresa nella cerchia più ampia di cui fa parte. Non ci sono differenze sostanziali, non ci sono angoli di estraneità, perciò l’individuo è totalmente integrato in ciascuna delle sfere cui appartiene.

3. autodeterminazione del singolo: chi si autodetermina compie delle scelte che influenzano profondamente il corso della vita.

4. Quanto più l’individuo si sforza di affermare se stesso tanto più è responsabile di ciò che fa.

SOCIOLOGIA

 PAG.288

1. Per svolgere un’attività lavorativa ottimale è necessario fornire agli operai un addestramento adeguato, dunque le aziende hanno moltiplicato i loro sforzi per razionalizzare il processo produttivi.

2.Possiamo affermare che la razionalità occupa una posizione centrale nella burocrazia perché le istituzioni come lo Stato, gli enti locali e le imprese private agiscono in vista di obiettivi che ritengono prioritari, scegliendo con attenzione i mezzi da impiegare in base a un’attenta valutazione dei costi che dovranno sostenere e dei benefici attesi.

3.Le caratteristiche della razionalizzazione della società moderna sono in primo luogo, l’alto grado di formalizzazione delle procedure e dei linguaggi. Un secondo carattere è la pretesa di migliorare l’efficienza delle azioni. In fine, la crescita del carattere impersonale delle azioni, vale a dire la loro indifferenza  rispetto all’elemento umano.

SOCIOLOGIA

 P.449 1. Gli osservatori che studiavano gli effetti dei media sul pubblico avevano paura che i mass media avessero la capacità di manipolar...