domenica 7 marzo 2021

SOCIOLOGIA

L'URBANIZZAZIONE E IL COSMOPOLITANISMO

La forma territoriale tipica della società industriale è la città. Ciò significa che nella città i rapporti sociali tipici del mondo industrializzato trovino la loro espressione più pura.  Le città esistono da svariati millenni. La città da sempre è indice dell'esistenza di un potere statale centrale, a cui i singoli individui e le comunità locali devono sottomettersi. Successivamente ogni cultura e ogni nazione hanno avuto le proprie città, in cui di norma si è sempre concentrato il potere politico, economico e religioso.  Non è dunque un caso che templi e palazzi siano quasi sempre collocati nel centro delle città. Il solo numero di abitanti non è un criterio sufficiente per affermare che un agglomerato di persone costituisca una città. La società industriale ha trovato in questa forma di convivenza uno strumento molto utile e confacente alle proprie caratteristiche distintive, e ne ha quindi fatto un fenomeno sociale universalmente diffuso. 
Tutte le società industriali moderne sono caratterizzate da alti livelli di urbanizzazione, ossia da un'alta percentuale di popolazione residente in centri urbani di dimensioni significative. La tendenza per il XXI secolo sembra essere di ulteriore crescita dell'inurbimento a livello globale.  Tuttavia la tendenza non riguarda tanto le grandi metropoli industriali, quanto soprattutto le megalopoli dei Paesi in via di sviluppo, che sono cresciute rapidamente fino a raggiungere dimensioni spaventose senza avere il tempo e i mezzi per darsi delle strutture adeguate (strade, acqua corrente  , elettricità, case salubri ecc.).  Si tratta il più delle volte di agglomerati di baraccopoli in cui i problemi di affollamento, igiene, inquinamento, disoccupazione, criminalità raggiungono livelli incontrollabili. 

LA METROPOLI MODERNA

Fin dalla fine del XIX secolo osservatori attenti come Georg Simmel misero in luce la caratteristica peculiare dello spazio urbano: poiché si è continuamente sottoposto a un "bombardamento" di stimoli di ogni genere (ottici, acustici, psichici) e si è chiamato all'interazione con altri individui, si elabora una sorta di "difesa" basata sulla selezione degli stimoli (solo quelli ritenuti importanti vengono realmente percepiti) e sul contenimento delle proprie reazioni emotive più forti e immediate). La città è una grande forma di razionalizzazione della vita umana: si risparmiano tempo ed energie, si produce di più, si riesce a far convivere un alto numero  di persone, a costo però di uniformare e rapporti umani, che restano inevitabilmente a un livello superficiale per ché ciascuno entra quotidianamente in contatto con tanti altri individui.  La vita viene scandita non più da tempi variabili e a volte imprevedibili dene spersonalizzare i lal ritmo costante e inarrestabile dell'orologio, che permette di suddividere un misurare in modo convenzionale e standardizzato il proprio tempo per natura (l'alba e il tramonto, il succedersi del bello e del cattivo tempo), ma farne un uso più razionale.  La città è anche il luogo cosmopolita per eccellenza, in cui si incontrano continuamente persone "diverse" da noi. Mentre ciò che contraddistingue la comunità locale è l'omogeneità della cultura dei suoi membri, la società urbana è caratterizzata da una forte eterogeneità: operai e borghesi, credenti e atei, indigeni e stranieri convivono gomito a gomito e hanno costantemente occasione di conoscere l'esistenza di culture, visioni del mondo e modi di vivere diversi dal proprio, ma ugualmente legittimi. Questo rende la città la principale fucina del mutamento sociale.  La molteplicità e la varietà delle occasioni contro che essa crea costituisce infatti una condizione che facilita la nascita di nuove idee, nuovi prodotti, nuovi gusti, nuovi ideali politici.  È l'esperienza della diversità a rendere un agglomerato urbano una vera e propria città.  

LE CITTÀ GLOBALI

Durante gran parte del XX secolo il modello urbano di vita sociale, benché ormai diffuso in tutto il mondo industrializzato, è rimasto inquadrato entro i diversi contesti nazionali. La società in cui si viveva era pur sempre una società nazionale (tedesca, italiana, statunitense). Verso la fine del XX secolo la funzione svolta dalle città nelle società industriali, avviata ormai a diventare società postindustriali, ha subìto invece un radicale mutamento, di cui oggi noi siamo spettatori, che va generalmente sotto il nome di globalizzazione. Come abbiamo detto, una città è una struttura sociale territoriale che per- mette un numero molto vasto ed eterogeneo di persone di entrare in integrazione reciproca, superando gli ostacoli normalmente posti dalle distanze spaziali. Rimanendo sempre aperta a nuovi arrivi dall'esterno, la città consente di superare i limiti delle relazioni sociali tradizionali (preindustriali) e crea un mondo cosmopolita che influenza, con la sua varietà e la diversità, la vita quotidiana della popolazione. Nella seconda metà del XX secolo questa funzione particolare delle forme di convivenza urbana cessa di essere esclusiva. E la diffusione dei mass media elettronici e digitali (televisione e computer) crea reti di comunicazione che superano qualsiasi distanza e mette in contatto con un numero potenzialmente illimitato di persone.  Grazie alle nuove possibilità di movimento e di comunicazione create dalle innovazioni tecnologiche, i rapporti sociali tipicamente urbani (fugaci impersonali, ma anche flessibili e razionali rispetto agli scopi che si vogliono raggiungere) si sviluppano su una scala ormai globale che supera tutti i precedenti  confini spaziali e geografici, senza necessità di dover ammassare le persone in uno spazio urbano ristretto.  La globalizzazione della società contemporanea consiste, in definitiva, in questo: i rap mai assunto pressoché ovunque, nel mondo civilizzato, i caratteri tipici delle interazioni della città, senza tuttavia aver più bisogno dello spazio fisico come contesto urbano in cui aver luogo.  Nella società globalizzata, la collocazione fisica di una persona nello spazio ha perso, almeno parzialmente, d’importanza. 

Nessun commento:

Posta un commento

SOCIOLOGIA

 P.449 1. Gli osservatori che studiavano gli effetti dei media sul pubblico avevano paura che i mass media avessero la capacità di manipolar...